Tumore alla prostata: testimonianza di un intervento di prostatectomia radicale robotica

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Valentina Pellizzone

Questo diario è stato scritto da un mio paziente che ha voluto raccontare la sua storia. Questa è una testimonianza preziosa: quando si riceve una diagnosi di tumore alla prostata la prima emozione è quella della paura, paura dell'intervento e delle conseguenze che esso può comportare. Leggere questo diario può aiutare ad avere informazioni utili primi di affrontare un intervento di prostatectomia.

Diario di un paziente operato di tumore alla prostata

"Ho ricevuto la diagnosi per un adenocarcinoma della prostata il 22/12/22, dopo una risonanza magnetica ed una biopsia. Venivo da una lunga storia di iperplasia prostatica, già in monitoraggio da diversi anni, una risonanza magnetica negativa 5 anni prima, 4 ritenzioni urinarie acute, sempre a distanza di mesi l'una dall'altra. L'ultima ritenzione acuta, un anno prima della diagnosi, durata 40 giorni, aveva convinto che fosse arrivato il momento di fare una TURP.

Ma in conseguenza della pandemia, i tempi di attesa sono stati molto lunghi, così 10 mesi dopo l'ingresso in lista, viste le buone funzioni urinarie, non convinto della necessità di sottopormi alla TURP, sono tornato dal mio urologo per fare un punto della situazione: è stato il mio primo colpo di fortuna. Il medico ha ritenuto fosse il caso, per decidere se rimanere o no in lista per l'intervento, di rifare tutti gli esami, anche visto un PSA sospetto (valore 4 sotto terapia farmacologica).

Quindi la RMN, che ha manifestato una piccola area sospetta, e poi una biopsia, che ha decretato l'ufficialità: Adenocarcinoma prostatico Gleason 4+3, in 3 prelievi su 13. Così ho festeggiato il Natale. Comunque un colpo di fortuna, perché se avessi atteso la TURP, e poi eventuali indagini successive, probabilmente lo avrei scoperto almeno un anno dopo.

Chi le ha ricevute lo sa: sono notizie che sconvolgono la vita. È una tempesta, non soltanto emotiva (su cui non mi soffermerò), ma anche di avvenimenti e decisioni che occorre prendere rapidamente, informazioni da raccogliere, dubbi da chiarire, con la mente non sempre lucida.

Dal confronto con l'urologo di fiducia, la strada da seguire è quella chirurgica: prostatectomia radicale in robotica. La Radioterapia è troppo rischiosa, perché in caso di insuccesso non si potrà poi utilizzare la chirurgia successivamente; l'attesa vigile,  una inutile perdita di tempo.

Ma la prostatectomia si trascina ombre oscure su argomenti non proprio trascurabili per un uomo di 56 anni, in perfetta forma fisica, sportivo, impegnato in un lavoro di responsabilità, con una giovane moglie e padre di due adolescenti: prima di tutto l'incontinenza, in secondo luogo la funzione sessuale.

Il secondo colpo di fortuna è stato che un'amica fisioterapista, che si occupa specificamente di riabilitazione del pavimento pelvico mi ha seguito nella preparazione  pre-intervento.  Ho seguito un training fisioterapico di esercizi per il pavimento pelvico, esercizi di stretching e di respirazione, ho quindi attuato un approccio attivo all'intervento, sfruttando i giorni di attesa per una preparazione specifica al fine di affrontare al meglio l'impegnativo appuntamento, e ridurre le possibili conseguenze negative, senza tralasciare alcun aspetto.   

Nei 20 giorni di attesa, mi sono impegnato ad una alimentazione leggera e depurativa, ricca di vitamine e di elementi benefici per l'apparato urinario, ed a una costante attività fisica, in particolare di allungamento e rilassamento di tutto il corpo e in specifico del pavimento pelvico.

Gli esercizi rivolti al pavimento pelvico, in particolare, sono molto importanti per tonificarlo, ed aumentarne la percezione con specifici esercizi, al fine di prevenire l'incontinenza, e permettere una più rapida ripresa con gli esercizi post operatori.  Molto importante anche non sottovalutare l'aspetto psicologico, mantenendo una attività lavorativa non eccessivamente stressante ma "distraente", ed attività che aiutino a mantenere alto il tono dell'umore: letture piacevoli, attività all'aria aperta rilassanti, qualche gita di piacere, attività sociali. In questo caso l'obiettivo è giungere all'intervento senza un carico eccessivo di ansia e paura, che non aiuta alla successiva ripresa.

 

GIORNO 0

L'intervento si è svolto il 19/01/2023: alle 13 mi è stato chiesto di indossare le calze anti trombo e, con una improbabile vestaglietta a fiorellini chiusa con dei lacci sulla schiena, di sdraiarmi a letto; 10 minuti dopo sono stato portato con tutto il letto nella camera preoperatoria. Mi è stato chiesto una dozzina di volte da ciascun operatore se avessi conoscenza di allergie, sono stato trasferito su un lettino più sottile e stretto, evidentemente il lettino operatorio, e mi è stata inserita una flebo al braccio. La luce si è spenta senza alcun preavviso verso le 13,30; mi sono risvegliato alle 19,00 circa: ovviamente, la parte più impegnativa per me cominciava in quel momento.

GIORNO 1

Sono stato riportato in camera alle 20.00 circa. Il risveglio è stato tranquillo e senza alcuna percezione di dolore; può risultare fastidioso l'ondeggiare del mondo esterno, per cui è preferibile mantenere gli occhi chiusi. Avevo anche una fastidiosa pressione nella zona anale, che mi sembrava fosse necessità di svuotare l'intestino, che si è protratta per una ora circa, sempre in calando. La notte è trascorsa tranquilla e senza particolare dolore, comunque ovviamente ancora sotto effetto anestetico e degli antidolorifici.

Al mattino la sensazione più fastidiosa, ma non dolorosa, era una forte pressione addominale, che interferiva con il diaframma, rendendomi difficoltosa la respirazione e la vocalizzazione. L'addome risultava gonfio e teso; su questo erano presenti 4 cerotti allineati in orizzontale su una linea orizzontale posta appena sopra all'ombelico; più o meno alla stessa altezza, dal fianco destro, da un quinto foro, fuoriusciva il tubo del drenaggio; ovviamente ero cateterizzato.

A metà mattinata, dopo essere stato lavato, sono stato messo a sedere; sarebbe stato molto meglio aver appreso la tecnica per mettersi a sedere con qualche prova prima dell'intervento: gli addominali non sono utilizzabili, e molto dolenti, e saper come fare mi avrebbe risparmiato una discreta quantità di dolore. Con cautela, sono andato in piedi: poco più di 12 ore dopo l'intervento, muovevo i primi passi. Così come prima la domanda ricorrente era stata "è allergico a qualcosa?", così da quel momento la domanda più ripetuta è stata "hai canalizzato? (hai fatto le arie?)": è molto importante che l'intestino manifesti vitalità, e riprenda le sue attività in fretta. Così diventa di conseguenza importante muoversi, camminare, stare in piedi: e così, il corridoio del reparto, si anima di un pendolare lento di pazienti con vestaglie a fiorellini o disegnini minuscoli, ciascuno con il suo sacchetto del drenaggio sulla destra e delle urine a destra. E così, dopo un pranzo ed una cena leggera, inframmezzata da brevi passeggiate, arriva l'orario di dormire, per chi riesce.

GIORNO 2

Ci si risveglia con la routine della colazione, della verifica degli infermieri (temperatura, pressione, verifica dei volumi e della quantità delle due sacche, drenaggio e urine, somministrazione degli antidolorifici), il giro del medico. Vista la scarsa motilità intestinale, mi viene somministrato un antiemetico con proprietà di stimolo della peristalsi. Forte ancora la fastidiosa tensione dell'addome, cui si aggiungerà, nei momenti di calo degli antidolorifici, punte dolorose acute sul petto ai lati del collo, verso le spalle: sembra sia un effetto dell'anestesia che ho verificato anche con gli altri pazienti. Il secondo giorno è quello della "canalizzazione", che dimostra che l'intestino si è riattivato: ed è un pensiero in meno. Per il resto, continuo a macinare passi lenti nel corridoio, ed i pasti si fanno meno eterei.

GIORNO 3

Il terzo giorno un colpo di scena: nonostante il drenaggio lavorasse ancora troppo, viene deciso di rimandarmi a casa. La terapia era diventata esclusivamente antidolorifica, le condizioni in camera non erano compatibili con il riposo, quindi è stata presa la decisione di mandarmi a casa, e quindi, con i miei fedeli tubi inseriti nel corpo, con grande fatica, mi sono vestito, ho raccolto le mie cose, mi sono stati consegnati i farmaci (antibiotico, antidolorifici e l'eparina) ed i presidi necessari (sacche, tubi e garze per il cambio delle sacche di urine e drenaggio) e mi sono avviato nell'ultima "vasca" lungo il corridoio, verso le porte scorrevoli dell'ingresso, che ho varcato, non proprio trionfalmente, verso le 14.00. Mezz'ora più tardi, dopo aver constatato con straordinaria sensibilità, lo stato delle strade della città, sono rientrato a casa: non ero tranquillo, ma la necessità di riposo era diventata urgente, ed in ospedale, per una sfortunata composizione della camera, non era possibile. E' stata la prima notte di vero riposo, pur se condizionato dal livello del dolore ed i tempi degli antidolorifici

GIORNO 4

Oramai alzarsi e muoversi era diventato più semplice. Le terapie da assumere, tempi e comodità mi permettevano una toeletta più serena, pasti comunque più saporiti, i progressi di energia e mobilità diventano più evidenti e rapidi. La pressione addominale si è notevolmente ridotta, il dolore alle spalle è sparito: resta importante la gestione del dolore, per non rimanere scoperti, magari nelle ore notturne. Resta la preoccupazione di una ostinata produzione del drenaggio, che non accenna a ridursi. I giorni 4,5, e 6 trascorrono così, in un crescendo di vitalità, e scandito dalla misurazione deludente del prodotto del drenaggio.

GIORNO 7

È il giorno della prima visita di controllo. Il percorso in auto è molto meno problematico del precedente, l'urologa ci accoglie dopo una breve attesa. La visita consiste fondamentalmente nella medicazione delle ferite, e soprattutto nella rimozione del catetere vescicale: non nascondo che questo era un momento che temevo, per la verifica della continenza. La rimozione in sé non mi creava preoccupazioni, vista la mia esperienza con le ritenzioni urinarie, non è una manovra dolorosa, direi minimamente fastidiosa; consiglio una espirazione mentre il catetere viene sfilato, riduce ancora di più il fastidio. Riguardo al catetere devo dire che non mi ha mai dato alcun fastidio (in altre occasioni non era stato così), evidentemente era stato ben posizionato. Ma questo è il momento della prova della continenza: ovviamente si parte da una vescica completamente vuota per azione del catetere, quindi non può succedere nulla in immediato.

L'urologa a questo punto mi istruisce sugli esercizi per rinforzare il pavimento pelvico e quindi migliorare la continenza: inserisce un dito nell'ano, e mi invita a stringere l'ano e poi a rilassarlo. Mi spiega l 'importanza di eseguire gli esercizi quotidianamente e di farmi seguire da un/a fisioterapista esperto/a nella riabilitazione del pavimento pelvico.

Concentrarsi sull'ano è sbagliato, i muscoli da attivare sono frontali e non posteriori, i tempi anche, i tempi di attivazione devono essere brevi, e quelli di rilassamento almeno doppi dei primi; si tratta degli esercizi che avevamo già fatto nei 20 giorni precedenti l'intervento, in diverse modalità. Fare gli esercizi da soli, almeno all'inizio può essere difficile, soprattutto perché non si è sicuri di farli correttamente.

Dopo essersi accordati sui futuri passi (principalmente l'eliminazione dei punti una settimana dopo, e la verifica del drenaggio, con un farmaco da assumere per la riduzione del prodotto), esco dall'incontro con un pacco di garze negli slip (mancavano gli assorbenti), la consapevolezza della fortuna di avere eseguito un percorso di fisioterapia del pavimento pelvico prima dell'intervento grazie all'aiuto di una fisioterapista esperta, e la tristezza per tutti i compagni di sventura che non hanno avuto ed avranno le corrette informazioni prima e dopo un intervento di prostatectomia radicale.

A casa ci eravamo già procurati i necessari presidi per la continenza (telino per il letto, ed assorbenti), e non è un passaggio psicologicamente semplice iniziare a farne uso; ed inizia anche l'ansiosa verifica della tenuta. Ripassiamo le manovre già imparate in precedenza: attivazione della muscolatura sotto sforzo, quando ci si alza, ci si piega, ci si siede. La prima minzione è una emozione: mi aspettavo bruciore, invece nessun problema. La tenuta si manifesta ottima, sono molto contento. Al momento di andare a dormire, praticamente nessuna perdita, ma arriva l'ansia di quanto accadrà la notte. Invece nulla, mi sono alzato una sola volta per andare in bagno, ma anche per prendere gli antidolorifici, notando forse una goccia o due di perdita al mattino dopo: sono molto contento! Il giorno dopo non sarà differente, e inizio a riprendere gli esercizi già conosciuti: non è certamente il caso di rilassarsi, anzi, è il momento di tonificare il pavimento pelvico dopo il trauma dell'intervento.

GIORNO 8 e 9

La novità è la comparsa di un dolore acuto all'addome, all'incirca dove c'è l'appendice: è un dolore intenso, che toglie il fiato e non consente il movimento. Ricorro a Toradol, e l'effetto si fa presto sentire; non è una novità piacevole, spero non doverne fare ancora i conti. Invece il dolore si ripresenta al mattino dopo: lo interpreto come dolore dovuto alla peristalsi (sempre stata un po' dolorosa dopo l'intervento), nel passaggio nei pressi del punto del prelievo dei linfonodi. Spero che con il tempo non si presenti più. Intanto la novità positiva è la riduzione della produzione del drenaggio, passato da 20ml l'ora a 8,4: mi preparo comunque ad andamenti altalenanti. Intanto, ho iniziato a fare gli esercizi per la tenuta, che si rivela ancora buona, con piccole perdite di gocce. Sono 3 sessioni al giorno, di pochi minuti, di esercizi molto semplici che avevo fatto anche nel pre-intervento.

GIORNO 10

Il dolore intenso all'addome si ripresenta per la terza volta, e decidiamo di fare un salto al PS per escludere altri problemi; dopo una lunga attesa, ed una TAC, sembra non ci sia nulla di particolare. Si torna a casa, sollevati, ma senza una spiegazione chiara di un dolore così acuto, che si presenta senza una chiara motivazione; io penso sia dovuto al passaggio di feci o gas nei pressi del punto del prelievo dei linfonodi. Continuano le mie sessioni di esercizi, la continenza è sempre valida: perdo poche gocce, in genere al mattino al risveglio, mentre mi avvio al bagno per urinare. Evidentemente lo sforzo di alzarsi dal letto, unito alla vescica piena, sono la combinazione che genera la piccola perdita: occorre ancora lavorare sulla contrazione dell'uretra negli sforzi.

GIORNO 11 E 12

I giorni 11 e 12 trascorrono nell'attesa del giorno della sperata rimozione del drenaggio; occorre gestire il dolore che si ripresenta ancora, nella speranza che si risolva con l'eliminazione del drenaggio, e sperare che il drenato continui a calare. Per il resto, continua l'applicazione negli esercizi, e la continenza resta molto buona.

GIORNO 13

E' il giorno della rimozione del drenaggio: di buon mattino ci rechiamo in ambulatorio. La verifica della quantità drenata permette la rimozione, e questa è un'ottima notizia. L'operazione è solo fastidiosa, ed al termine viene applicata una garza ed un cerotto ampio, sottile e trasparente che ricopre tutto; occorrerà medicarlo quando la garza sarà macchiata. Ma soprattutto, il sollievo è immediato. Poi vengono eliminati i punti: anche questa è un'operazione con dolore minimo. Sui punti occorre dire che la qualità del lavoro non era eccelsa, come ha riconosciuto anche il chirurgo. Dopo essere stati istruiti sul trattamento da riservare alle cicatrici (massaggi quotidiani ripetuti con oli specifici), e sulle medicazioni per il foro del drenaggio (l'unico rimasto ancora coperto), esco dall'ambulatorio molto sollevato. Manca ancora il capitolo importante della consegna dell'istologico sui linfonodi, di cui si attende ancora l'esito. Il resto della giornata trascorre nella solita routine degli esercizi sul pavimento pelvico, e soprattutto nella verifica della scomparsa totale del dolore addominale

GIORNO 15

Il giorno 15 è il giorno della visita dell'andrologo, specialista importante per l'avvio della riabilitazione della funzione sessuale; abbiamo optato per una visita privata. Ci sono ancora molte incognite su quanto siano state salvaguardate le terminazioni nervose nell'intervento chirurgico, aspetto che chiariremo nell'incontro con il chirurgo; si decide comunque di attivare tutte le terapie necessarie. Fondamentalmente si tratta del Taladafil e dell'utilizzo del Vacuum device, una speciale pompa che ha la funzione di generare erezioni, in modo da mantenere ossigenati ed elastici i tessuti del pene, e favorire quindi la ripresa della funzione sessuale.

Per quanto riguarda la funzione sessuale, occorre verificare la presenza di erezioni spontanee, comunque improbabili nei primi mesi dopo l'intervento: per questo è necessario l'utilizzo del Vacuum.  Dal punto di vista della continenza, direi ottima, ho smesso di utilizzare gli assorbenti, vista la completa mancanza di perdite. Adesso occorre concentrarsi sulla funzione sessuale. Il Taladafil viene distribuito dal servizio sanitario nazionale, il vacuum device occorre acquistarlo privatamente.

I giorni successivi scorrono tranquillamente, sempre praticando gli esercizi quotidiani per la continenza (pochi minuti al giorno), nell'attesa della consegna dell'istologico, e verificare quindi le successive terapie, e del Vacuum, ordinato presso una azienda specializzata. Intanto, il fisico continua il suo processo di recupero, mi sento sempre più tonico e riposato, procedo con la cura delle ferite, con massaggi quotidiani con l'olio apposito; il dolore delle ferite cala progressivamente, migliorando così la mobilità e la qualità del sonno, e calano anche i dolori legati alla difficoltosa mobilità, soprattutto alla schiena.

L'istologico mi è stato consegnato circa 20 giorni dopo l'intervento con ottime notizie: linfonodi reattivi ma sani, margini puliti. Questo significa che dovrò sottopormi a verifiche quadrimestrali del PSA, ma nessuna terapia (generalmente radioterapia), per la cura del tumore: un bel sollievo.

Alla vigilia del mese dall'intervento, ho avuto il primo orgasmo: era un momento particolarmente temuto. Non ero convinto del fatto che si potesse aver un orgasmo senza erezione; dal punto di vista della sensazione, è stato un orgasmo pienamente soddisfacente, anche se senza erezione e senza eiaculazione. Per quanto riguarda l'eiaculazione, ovviamente non sarà possibile averne più, per l'erezione la terapia riabilitativa con Taladafil e Vacuum lasciano buone possibilità in futuro. Occorre quindi iniziare l'utilizzo del Vacuum, appena ricevuto, per mantenere elastici e ossigenati i tessuti del pene, e favorire la ripresa della funzionalità.

Tutto il resto, si vedrà in futuro, con pazienza e perseveranza."

 

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